La tassazione della plusvalenza
Nella maggior parte dei casi, il privato che vende un bene immobile non paga alcuna tassa anche se di solito ottiene un guadagno grazie all’aumento di valore avvenuto tra l’acquisto e la rivendita.
Questo guadagno, chiamato plusvalenza, è infatti tassato solo in alcuni casi previsti espressamente dalla legge (artt. 67 e 68 del testo unico delle imposte sui redditi).
In particolare, la plusvalenza derivante dalla vendita di fabbricati o terreni agricoli è tassata solo nelle ipotesi specificamente previste mentre è sempre tassata quella derivante dalla vendita di terreni edificabili.
Al di fuori delle ipotesi in cui viene tassata la plusvalenza, dunque, il venditore non ha nessun motivo di dichiarare un prezzo inferiore a quello realmente incassato, dato che non paga alcuna tassa, anzi ha interesse a far risultare l’intero prezzo, per evitare di risultare destinatario di un pagamento “in nero” difficilmente giustificabile agli occhi del fisco, in caso di controlli, soprattutto quando egli esercita un’attività d’impresa, professionale o comunque autonoma.
Anche l’acquirente, nella maggior parte dei casi, non ha più motivo di occultare parte del prezzo pagato, dato che dal primo gennaio 2006 nelle compravendite non soggette a Iva, le persone fisiche possono scegliere di pagare le imposte di registro, ipotecarie e catastali sul valore catastale, indipendentemente dal prezzo di acquisto, quindi non è più necessario ricorrere a una simulazione illecita per godere dei vantaggi della cosiddetta “valutazione automatica” dell’immobile.
Ecco quali sono le singole ipotesi in cui è tassata la plusvalenza derivante dalla cessione di beni immobili.
Fabbricati
La cessione di fabbricati di qualsiasi genere (abitazioni, uffici, negozi, capannoni artigianali o industriali) produce una plusvalenza tassata in capo al venditore solo quando questi sono stati acquistati (o costruiti) da meno di cinque anni, perché la rivendita entro breve termine dall’acquisto è considerata speculativa.
In questo caso, però, la plusvalenza non viene mai tassata quando l’acquisto è avvenuto per successione. E’ invece tassata la plusvalenza in caso di vendita di un immobile ricevuto in donazione entro cinque anni dal precedente acquisto da parte del donante. Il valore iniziale da considerare è il prezzo a cui il donante aveva acquistato l’immobile.
Sono sempre escluse dalla tassazione le abitazioni in cui il proprietario ha avuto la propria residenza (o quella di un suo familiare) per la maggior parte del tempo che è passato tra l’acquisto (o la costruzione) e la rivendita. Anche in questo caso, infatti, la legge esclude la presenza di un intento speculativo. Si tratta, in pratica, delle abitazioni utilizzate come prima casa, ma la definizione è diversa da quella che riguarda l’applicazione dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa. La legge richiede che il proprietario vi abbia avuto la propria residenza o quella di un suo familiare, cosa che nell’acquisto di prima casa può anche non succedere, quindi non tutte le abitazioni acquistate come prima casa possono considerarsi esenti dall’imposta sulla plusvalenza. La legge, inoltre, non richiede che l’abitazione sia stata acquistata come prima casa, quindi la tassazione della plusvalenza può essere esclusa anche per una casa acquistata senza agevolazioni, se poi il proprietario vi ha portato la propria residenza o quella di un suo familiare. Di solito, comunque, chi acquista la prima casa lo fa per andare ad abitarci, quindi si può dire che normalmente la vendita della prima casa è esente dall’imposta sulla plusvalenza, anche se avviene entro i cinque anni dall’acquisto.
Riepilogando, possiamo dire che la plusvalenza è tassata solo se il fabbricato venduto:
– è stato acquistato (o costruito) da meno di cinque anni;
– non è pervenuto per successione;
– non è l’abitazione in cui il proprietario ha avuto la propria residenza (o quella di un suo familiare) per la maggior parte del tempo che è passato tra l’acquisto (o la costruzione) e la rivendita.
In questo caso la plusvalenza viene calcolata come differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto o di costruzione, aumentato di ogni altro costo inerente al bene e documentato (imposte pagate sull’acquisto, spese notarili per l’atto di acquisto). Questi costi devono risultare dalla fattura del notaio e, se l’acquisto era soggetto a Iva, dalla fattura dell’impresa che aveva venduto l’immobile.
La plusvalenza deve essere inserita nella dichiarazione dei redditi del venditore, e viene tassata in base alle aliquote progressive applicabili al suo reddito complessivo.
E’ però possibile chiedere al notaio che stipula l’atto di vendita l’applicazione immediata dell’imposta sostitutiva del 26%.
Terreni agricoli (o non edificabili)
Anche la cessione di terreni agricoli produce una plusvalenza tassata in capo al venditore solo quando questi sono stati acquistati da meno di cinque anni. Anche in questo caso la plusvalenza non viene mai tassata quando l’acquisto è avvenuto per successione. E’ invece tassata la plusvalenza in caso di vendita di un immobile ricevuto in donazione entro cinque anni dal precedente acquisto da parte del donante. Il valore iniziale da considerare è il prezzo a cui il donante aveva acquistato l’immobile.
La plusvalenza viene calcolata come differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene e documentato (imposte pagate sull’acquisto, spese notarili per l’atto di acquisto). Questi oneri accessori devono risultare dalla fattura del notaio. In caso di rideterminazione del valore dei terreni mediante perizia giurata e pagamento dell’imposta sostitutiva, ammessa anche per i terreni non edificabili, la plusvalenza si calcola sulla differenza tra il prezzo di vendita e il valore di perizia. In questo caso tra i costi inerenti rientra anche la spesa sostenuta per la redazione della stessa.
La plusvalenza deve essere inserita nella dichiarazione dei redditi del venditore, e viene tassata in base alle aliquote progressive applicabili al suo reddito complessivo.
E’ però possibile chiedere al notaio che stipula l’atto di vendita l’applicazione immediata dell’imposta sostitutiva del 26%.
Terreni edificabili
La vendita di terreni edificabili, se dà luogo a una plusvalenza, è sempre tassata, anche dopo cinque anni dall’acquisto e anche se l’acquisto è avvenuto per successione o donazione. Non sono previste eccezioni.
La plusvalenza viene calcolata come differenza tra il prezzo di vendita e il costo fiscalmente riconosciuto.
Il costo fiscalmente riconosciuto del terreno edificabile corrisponde:
– in caso di acquisto a titolo oneroso, al prezzo di acquisto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene e rivalutato in base all’indice Istat;
– in caso di acquisto a titolo gratuito, al valore dichiarato nella denuncia di successione o nell’atto di donazione (o successivamente accertato dal fisco), aumentato di ogni altro costo inerente al bene e rivalutato in base all’indice Istat;
– in caso di rideterminazione del valore con pagamento dell’imposta sostitutiva nei termini previsti dalla legge, al valore di perizia, aumentato della spesa sostenuta per la redazione della stessa.
L’Agenzia delle entrate (circolare 6 novembre 2002 n. 81) ha chiarito che anche in caso di acquisto a titolo gratuito avvenuto tra il 25 ottobre 2001 e il 2 ottobre 2006 (cioè nel periodo in cui era stata abrogata l’imposta sulle successioni e donazioni) il costo fiscalmente riconosciuto rimane quello dichiarato nella denuncia di successione o nell’atto di donazione (o successivamente accertato dal fisco) al fine delle imposte ipotecarie e catastali.
Tra i costi inerenti al bene rientrano le imposte pagate sull’acquisto, le spese notarili per l’atto di acquisto (risultanti dalla fattura del notaio), e gli eventuali oneri di urbanizzazione sostenuti.
Il valore di acquisto dei terreni edificabili, aumentato di ogni altro costo inerente al bene, può essere rivalutato in base alla variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, in modo di annullare gli effetti dell’inflazione, per evitare che venga tassato un guadagno solo teorico e non reale. La rivalutazione Istat si applica anche quando il terreno è pervenuto all’attuale venditore per successione o donazione, come ha riconosciuto l’Agenzia delle entrate (circolare 6 novembre 2002 n. 81) in seguito a una pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 328/2002). Oggi pertanto il valore di acquisto dei terreni edificabili può essere rivalutato per tenere conto dell’inflazione sia quando l’acquisto dell’area è avvenuto a titolo oneroso, sia quando la proprietà del bene è pervenuta per successione o donazione.
La plusvalenza deve essere inserita nella dichiarazione dei redditi del venditore, ed è soggetta a tassazione separata, a meno che il contribuente richieda la tassazione ordinaria. Non è più prevista la possibilità di chiedere al notaio l’applicazione dell’imposta sostitutiva.
Fabbricati in corso di costruzione
Le regole sulla tassazione della plusvalenza realizzata dal privato che vende un fabbricato in corso di costruzione sono state recentemente precisate dall’Agenzia delle entrate (risoluzione 23/E/2009).
Secondo l’amministrazione finanziaria, la vendita di un fabbricato in corso di costruzione può essere assimilata, in alcuni casi, alla vendita di un terreno edificabile, che è sempre tassata in capo al venditore, se produce una plusvalenza. Il discrimine tra la costruzione equiparata, ai fini fiscali, a un terreno edificabile, e quella considerata a tutti gli effetti come un fabbricato, viene individuato nel momento di “venuta ad esistenza del bene”, che per l’Agenzia delle entrate coincide con il completamento del rustico, comprensivo dei muri perimetrali delle singole unità immobiliari e della copertura. La definizione è ricavata, per analogia, da quella contenuta in alcune norme vigenti, come quelle sulla tutela degli acquirenti di fabbricati in costruzione, quella sul condono edilizio e quella sull’agevolazione fiscale per gli immobili compresi in piani particolareggiati.
Per stabilire se la plusvalenza è tassabile o meno, dobbiamo dunque prestare attenzione allo stato dell’immobile in corso di costruzione nel momento in cui avviene la vendita. Se si tratta di un fabbricato già venuto ad esistenza, secondo la definizione fiscale sopra richiamata, cioè se è stato realizzato almeno il rustico, comprensivo dei muri perimetrali delle singole unità, ed è stata completata la copertura, allora si applicano le regole dettate per i fabbricati, cioè la plusvalenza è tassabile solo se la vendita avviene entro cinque anni dalla venuta ad esistenza del fabbricato, che peraltro, secondo l’amministrazione finanziaria, deve risultare da un accatastamento, sia pure provvisorio, nel Catasto Fabbricati (come fabbricato in corso di costruzione). Se invece il manufatto non può ancora essere considerato, ai fini fiscali, come un fabbricato, si applicano le regole sulla vendita di terreni edificabili, secondo le quali la plusvalenza è sempre tassata, senza limiti di tempo.
In pratica, la possibilità di vendere un fabbricato in corso di costruzione senza pagare imposte sulla plusvalenza viene limitata all’ipotesi del fabbricato venuto ad esistenza da più di cinque anni, e quindi alle situazioni eccezionali in cui i lavori di costruzione sono stati interrotti, per qualche motivo, dopo la realizzazione del rustico, comprensivo dei muri perimetrali delle singole unità, e il completamento della copertura.
Ricordiamo infine che la qualificazione dell’immobile venduto come fabbricato o come terreno edificabile incide anche sulla possibilità o meno di pagare l’imposta sostitutiva delle ordinarie imposte sui redditi nella misura del 26%, al momento dell’atto di vendita.
Terreni oggetto di lottizzazione o fabbricati ivi costruiti
In caso di cessione di terreni oggetto di lottizzazione (o dei fabbricati costruiti sugli stessi), la plusvalenza è sempre tassata, anche se la vendita avviene dopo cinque anni dall’acquisto o dalla costruzione e anche se l’acquisto è avvenuto per successione o donazione. Anche in questo caso non sono previste eccezioni. E’ considerata lottizzazione qualsiasi utilizzazione del suolo che preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici, e conseguentemente comporti la predisposizione delle opere di urbanizzazione, indipendentemente dalle previsioni del piano regolatore. Non è considerato lottizzazione il semplice frazionamento dei terreni.
La plusvalenza viene calcolata come differenza tra il prezzo di vendita e il costo fiscalmente riconosciuto. Il costo fiscalmente riconosciuto corrisponde:
– in caso di terreni acquistati a titolo oneroso nei cinque anni precedenti l’inizio della lottizzazione, al prezzo di acquisto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene;
– in caso di terreni acquistati a titolo oneroso oltre cinque anni prima dell’inizio della lottizzazione, al valore di mercato nel quinto anno anteriore, aumentato di ogni altro costo inerente al bene;
– in caso acquisto a titolo gratuito (successione o donazione), al valore di mercato all’inizio della lottizzazione o della costruzione del fabbricato, aumentato di ogni altro costo inerente al bene;
– in caso di rideterminazione del valore con pagamento dell’imposta sostitutiva nei termini previsti dalla legge, al valore di perizia, aumentato della spesa sostenuta per la redazione della stessa.
Quale data di inizio della lottizzazione viene di solito presa in considerazione quella dell’approvazione del piano da parte del Comune. Tra i costi inerenti al bene rientrano le imposte pagate sull’acquisto, le spese notarili per l’atto di acquisto (risultanti dalla fattura del notaio), le spese relative alle opere di lottizzazione e, in caso di cessione dei fabbricati, i costi di costruzione.
In caso di lottizzazione la plusvalenza deve sempre essere inserita nella dichiarazione dei redditi del venditore, e viene tassata in base alle aliquote progressive applicabili al suo reddito complessivo, mentre non è prevista la possibilità di chiedere al notaio l’applicazione dell’imposta sostitutiva.
L’imposta sostitutiva del 26%
La plusvalenza derivante dalla vendita di un immobile da parte di una persona fisica è normalmente tassata nell’ambito della dichiarazione dei redditi, quindi le aliquote dipendono dal reddito complessivo del venditore. Normalmente si fa riferimento all’aliquota media dell’imposta sui redditi versata nei due anni precedenti.
In alcuni casi, però, la legge consente di pagare al momento dell’atto un’imposta sostitutiva delle ordinarie imposte sui redditi, introdotta dal primo gennaio 2006 e aumentata dal 20% al 26% dal primo gennaio 2020.
La possibilità di chiedere l’applicazione dell’imposta sostitutiva è limitata all’ipotesi in cui la plusvalenza deriva dalla cessione di fabbricati o terreni agricoli acquistati (o costruiti) da meno di cinque anni (ferma restando l’esenzione prevista per le abitazioni principali). Dal primo gennaio 2007, infatti, è stata esclusa dall’applicazione dell’imposta sostitutiva la plusvalenza derivante dalla vendita di terreni edificabili, che deve quindi essere sempre inserita nella dichiarazione dei redditi del venditore.
L’imposta sostitutiva si applica oggi con l’aliquota del 26% (era del 12,50%, prima del 3 ottobre 2006 e del 20% fino al 31 dicembre 2019), ma può essere ancora preferibile alla tassazione ordinaria, soprattutto per chi ha un reddito piuttosto alto.
L’imposta è applicata dal notaio al momento dell’atto, e immediatamente versata al fisco per via telematica.